Citazione

“Ciò che è realmente inquietante non è che il mondo si trasformi in un completo dominio della tecnica. Di gran lunga più inquietante è che l’uomo non sia affatto preparato a questo radicale mutamento del mondo. Di gran lunga più inquietante è che non siamo ancora capaci di raggiungere, attraverso un pensiero meditante, un confronto adeguato con ciò che sta realmente emergendo nella nostra epoca.” (Heidegger)

sabato 25 febbraio 2012

Binge Eating Disorder (BED) : quando il cibo serve a difendersi

Il Disturbo da alimentazione incontrollata affligge il 30% degli obesi. Quali sono i sintomi, come riconoscerlo e come intervenire.

Nel delicato ambito dei disturbi del comportamento alimentare (DCA) non rientrano solo le patologie più tristemente note, come l’anoressia nervosa e la bulimia. La quarta edizione del manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali (DSM-IV-TR) riporta nell’ASSE I, dedicato ai disturbi clinici, ivi compresi quindi i DCA, i criteri diagnostici per il disturbo da alimentazione incontrollata o Binge Eating Disorder (BED).
La prevalenza sull’intera popolazione è di circa il 3% e di ben il 20-30% nei casi di soggetti obesi che richiedono aiuto per dimagrire. E’ stata riscontrata un’associazione positiva nella quasi totalità dei soggetti con indice di massa corporea (BMI) superiore a 40. Colpisce maggiormente le donne che gli uomini e l’insorgenza avviene di solito nella tarda adolescenza.
Ma quali sono le caratteristiche di questo disturbo psichico spesso sottovalutato rispetto agli altri disturbi alimentari?
I soggetti positivi alla diagnosi di disturbo dell’alimentazione incontrollata incorrono in “abbuffate” frequenti, vale a dire nell’assunzione di quantità di cibo in eccesso. A differenza della condotta bulimica, le persone affette da BED non alternano questi comportamenti all’attuazione di condotte compensatorie quali il digiuno, l’uso di lassativi o il fare sport. Altra differenza sostanziale, è che questi pazienti manifestano preoccupazioni legate al peso corporeo di entità minore : nonostante il desiderio di dimagrire, c’è un’associazione meno marcata rispetto ai pazienti bulimici tra l’autostima e la propria forma fisica.
Il quadro clinico definito nel DSM-IV-TR riporta :

Riportare i criteri diagnostici, mai come in questo caso, risulta fondamentale, dal momento che una della maggiori difficoltà nel riconoscere il BED è legata alla definizione del concetto di “abboffata”. E’ importante infatti inquadrare gli aspetti emotivi ad essa legati, definiti dai pazienti stessi come sensazioni di perdita di controllo mista ad un sentimento di colpa e al tempo stesso di sollievo. Il che porta ad una necessaria riflessione sulla psicopatologia del disturbo e sulle cause del perpetrarsi di una condotta che lo stessa paziente vive come dannosa, ma di cui sembra non poter fare a meno.
E’ innanzitutto interessante notare che nei pazienti obesi affetti da BED si è riscontrata una maggiore sofferenza psichica (il disturbo è infatti ego distonico) legata a sentimenti di ansia, depressione e in generale a disturbi dell’umore, con un peggioramento del tono di quest’ultimo in concomitanza con l’aumentare della frequenza delle abbuffate. D’altro canto, la stessa obesità e il suo essere fortemente stigmatizzata dalla società, contribuisce a rafforzare la condizione depressiva del paziente, nonché la vergogna che egli stesso prova per la propria condotta alimentare, in un circolo vizioso che sembra non avere via d’uscita. La condizione appare particolarmente critica per le donne, laddove l’aspetto fisico assume un’importanza ancora maggiore che per gli uomini.
Si comprende quindi che l’assunzione incontrollata di cibo sia in realtà una sorta di reazione difensiva all’impossibilità di gestire al meglio la propria condizione emotiva. Che si tratti dell’incapacità di controllare la propria golosità o, in termini psicologici più complessi, di un’intrinseca difficoltà a controllare le proprie emozioni, per cui l’abbuffata diviene una sorta di rifugio sicuro, la condotta legata al BED non va letta semplicemente come scarsa forza di volontà da parte del soggetto che ne soffre.
Il paziente che ne è affetto vive una condizione mentale permeata di ansia, tristezza, rabbia, senso di impotenza, impossibilità a reagire. Una condizione così complessa, che è errato pensare che basti la dieta e un rimprovero per risolvere il problema.
La terapia maggiormente efficace per questi disturbi si è rivelata essere la cognitivo-comportamentale (CBT), che mira non solo a ridurre il numero delle abbuffate, ma a modificare gli aspetti cognitivi ad esse legate. In casi particolarmente gravi si può pensare di far affidamento su una terapia farmacologica, anche se è sempre consigliabile affiancare a quest’ultima una psichica.
La terapia aiuterà i pazienti a prendere confidenza con l’idea che un cambiamento è possibile (il sentimento di rassegnazione è fortissimo in questo tipo di disturbi), motivandoli al cambiamento, riconoscendo che c’è per loro una difficoltà oggettiva a regolare la propria condotta alimentare, non solo legata alla mancanza di volontà. Andando avanti, sarà possibile insegnare a queste persone a seguire un programma nutrizionale che rientri nella normalità.
I parenti e le persone che si trovano ad accompagnare questi pazienti nel difficile cammino verso la guarigione, devono necessariamente tener presente la forte difficoltà che i loro cari si trovano ad affrontare ed entrare nell’ottica che il cambiamento sarà graduale e non si possono pretendere modificazioni repentine. Occorre quindi avere tanta pazienza e mostrare tanto affetto, evitando rimproveri eccessivi che avranno il solo effetto di far sentire l’altro non capito e non sostenuto.

Alessandra Nocerino

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ciao, soffro di distrurbi alimentari da quanto avevo 14 anni, se non prima. adesso ho 20 anni. Questa è una vita che non può essere definita tale! una vita di solitudine, tormento, rimpianti, sofferenza, incomprensione, inadeguatezza, depressione STRAZIO! vi sto scrivendo dopo una delle mie solite abbuffate in piena segretezza, quando tutti sono già nei loro letti pronti a dormire, svegliarsi e vivere una vita normale. mentre io sono sveglia a girovagare per casa aprendo tutti gli sportelli con agitazione ed un senso di colpevolezza, cercando di ingurgitare quanto più posso fino a sentirmi male. Cercando di riempire senza più un briciolo di dignità questo corpo che non mi appartiene, riempirlo fino a soffocare me stessa, fino a che il cibo non arrivi ad annullare anche la mia anima. il cibo è un pensiero fisso, che invade corpo, mente, cuore e anima. un pensiero che mi tormenta e per cui non riesco ad essere libera, non riesco a pensare ad agire a parlare a vivere! penso a cosa mangiare anche nei momenti più inimmaginabili. è qualcosa che sfugge al mio controllo, ho provato con volontà a regolarmi ma la bestia mi sta attaccata al collo, in alcuni momenti mi illude nascondendosi ma è sempre pronta ad attaccarmi violentemente quanto meno me lo aspetto e senza il mio controllo. ho smesso di vivere, mi sono allontanata dal mondo, mi sono isolata, non ho più contatti con la realtà. non sento più niente e nessuno, niente scuola, niente amici, forzatamente pochi parenti, quelli che mi sono rimasti. sono solo io, il mio mondo, il mio cibo. mi manca me stessa quello che avrei potuto essere, quello che avrei potuto fare per gli altri, quanto avrei potuto amare, sorridere, regalare. ma sono stata annullata da me stessa, da quel senso di schifezza e di conforto che mi da il cibo. non mi appartengo più ma è il cibo che si è impossessato di me, io non esisto, non so più chi sono, sono un corpo inerte che disperatamente soffre in silenzio, l'unico atto che compio è quello involontario quasi meccanico di mangiare a più non posso, fino a stare male non solo psicologicamente ma fisicamente in maniera pesante. mi sento l'ultima sulla terra, mi sento ingombrante, inadeguata alla vita, non ho la forza di reagire né di respirare. continuo a mangiare aspettando che questo corpo inutile prima o poi si spenga per sempre insieme alla mia speranza.

Unknown ha detto...

Ciao. Leggo ora il tuo commento, il tuo pezzetto di storia. E spero che ci sia ancora spazio per parlarne, e per tenderti una mano. Ho sofferto di DCA, ogni parola che hai scritto l'ho vissuta, esattamente come te. Se vuoi, possiamo parlarne ancora. Io sono guarita, sembra impossibile, ma ora sto bene. Se ti va, scrivimi...mi piacerebbe raccontarti, e perchè no, poterti dare qualche piccolo pezzetto di luce, e di aiuto. Ora faccio parte di un associazione, cerchiamo tutti di aiutarci e di sostenerci. Ci trovi su facebook alla voce "Consultanoi". chiara