Citazione

“Ciò che è realmente inquietante non è che il mondo si trasformi in un completo dominio della tecnica. Di gran lunga più inquietante è che l’uomo non sia affatto preparato a questo radicale mutamento del mondo. Di gran lunga più inquietante è che non siamo ancora capaci di raggiungere, attraverso un pensiero meditante, un confronto adeguato con ciò che sta realmente emergendo nella nostra epoca.” (Heidegger)

domenica 21 ottobre 2007

Vomiting e bulimia: la pratica dell’illusione

Anoressie e bulimie conducono realmente al dimagrimento? Se si analizza la pratica compensativa più comune della bulimia, si scopre, invero, che essa allontana sempre più dal tanto ambito risultato di un corpo perfetto…
Contrariamente alle convinzioni di chi è affetto dalle diverse sindromi di Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA), il vomiting, tipico delle sindromi bulimiche, può causare veloci e ingenti danni ad un fisico sia tonico che allenato, sia esso da body building o anche da corsa e attività varie aerobiche. Avrei, per l’appunto, piacere di fare notare come la pratica stessa si auto-motivi, distruggendo la sodità muscolare e incentivando invece la presenza dell'adipe, frustrando quindi la condizione psicologica di chi “crede” di attuare la pratica per raggiungere un fisico adatto alle proprie aspettative. (C.A.)

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Il vomiting è una forma compensativa tipica delle patologie del comportamento alimentare con tratti misti anoressico-bulimici. Consiste nel rituale segreto del vomito (auto-indotto) dopo avere consumato un pasto. Si tratta di un tipo di anoressia mascherata, e sostanzialmente manifesta un simile disagio con un opposto rapporto con il cibo.
Il vomiting è una pratica che tende ad evolversi, trasformandosi da episodio eccezionale in pratica abituale (quasi di dipendenza); il meccanismo, che dovrebbe essere naturale e funzionale in determinati casi di sofferenza organica, viene talmente compromesso da arrivare al punto da produrre il vomiting con facilità. Per questo motivo, all'inizio il vomito è indotto e solo in momenti successivi diventa spontaneo.
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Un elemento per distinguere una persona “vomitatrice” o potenziale, da una persona anoressica è il modo in cui parla del cibo. In generale la persona anoressica non ama parlare del cibo, è un argomento che tenta sempre di schivare perché le provoca disturbo psichico. Il cibo rappresenta per la persona anoressica qualcosa di negativo e non si soffermerà mai a parlarvi di quello che mangia, di come mangia, delle sue possibili preferenze culinarie, perché sono sempre sensazioni di disgusto. Nei casi più gravi la persona anoressica finisce ospedalizzata perché non riesce a consumare nemmeno il minimo indispensabile in termini di cibo, per garantire una condizione di vita appena sufficiente, sia dal punto di vista plastico, sia dal punto di vista energetico. La persona con sindrome da vomito, al contrario, vi parlerà del cibo come se parlasse di qualche cosa di molto piacevole, con gusto e non negherà di indicare quali sono i cibi che preferisce.

Dato il particolare tipo di rifiuto e di "segreto" tipico nelle pratiche anoressiche e di vomiting, è in genere più facile creare gruppi di auto-aiuto con soggetti bulimici che non con soggetti anoressici.
Questo gruppo può, in particolari condizioni, realizzarsi anche all’interno delle palestre di body building. L’idea di fisico muscoloso e particolarmente definito può affascinare chi ha elaborato una immagine di se iperattiva, forte, diversa e nel contempo ridotta ai minimi termini. I minimi termini sono rappresentati in questo caso dalla “drammatica” definizione presentata dai body builders agonisti in stagione di competizione. Quando la definizione supera la comune decenza, sia in termini estetici che in contenuti salutistici e quando una comunità di ossessionati seleziona giudici nelle gare di body building che premiano tale condizione, esaltandola con aggettivi tipici di quegli ambienti: “squartato, scannato, senza pelle, tavola anatomica, etc.”, analizzando l’assioma: definizione esasperata (rappresentata da una percentuale lipidica ridotta oltre il fisiologico) = mangiare meno, tipico in molte diete pre-gara nel body building, si osserva come la patologia del vomiting nella forma bulimica acquisisce un valore, una collocazione e una identità. Infatti, entrambi i comportamenti raggiungono l’effetto di ridurre la quantità di cibo assorbibile per l’organismo. Mangio e sono contento – vomito e non assorbo nulla – non ingrasso – il grasso corporeo non potrà ricoprirmi – continuerò a definirmi sempre di più – sarò felice perché straordinariamente magro --> Dal punto di vista biologico, il sistema dimostra una intelligenza superiore al suo possessore e si adatta ad una situazione pericolosa avviando processi metabolici mirati, come vedremo in seguito.

In ambienti dove l’illusione si sostituisce alla realtà, gli aspetti degenerativi del body building facilmente si sovrappongono ai contenuti veri e più evoluti, sotto tutti i punti di vista. Il vomiting impedisce all’organismo di ricevere dal metabolismo intestinale tutti gli elementi indispensabili per la salute psicofisica e per la crescita muscolare. La salute occupa il primo posto nella frase e non è una scelta casuale. Solo un organismo sano può migliorare il proprio tono muscolare, ridurre la percentuale lipidica ed ottenere un corpo sano, vitale, armonico e definito. La specie umana si è evoluta cavalcando i millenni e adattandosi a brevi periodi di abbondanza, seguiti da lunghi periodi di carestia. In questo percorso, nonostante le condizioni di vita fossero molto difficili ed il tasso di mortalità particolarmente elevato, non ci siamo estinti. I nostri geni hanno “imparato” a ridurre la cilindrata del motore muscolare quando il rifornimento si fa più difficile. Come se una vettura, che per fare durare più tempo la sua riserva di energia (carburante), potesse passare da 2000 a 500 centimetri cubi di motore, se il tasso di benzinai sul percorso autostradale dovesse diradarsi particolarmente. A differenza del mezzo meccanico, la vettura umana, denominata macchina biologica, che si ferma in seguito non riparte e sopraggiunge la morte. La condizione di “pericolo” è letta dal nostro codice genetico come un vero e proprio allarme che avvia processi metabolici non reversibili in brevi periodi di tempo. L’imperativo in tali condizioni è: conserva più a lungo il reale magazzino di energia (grasso) e riduci la massa metabolicamente attiva che fa consumare calorie anche a riposo (muscoli). La pratica del vomiting per l’organismo, dal punto di vista fisiologico, equivale quasi all’assenza di cibo (diversamente da quanto ritenuto, con la pratica i grassi vengono velocemente assorbiti) e avvia tutti i processi di adattamento tipici delle situazioni di pericolo. Sebbene in una vita sia possibile modificare con allenamento e dieta la composizione corporea e di conseguenza la forza e la prestanza fisica dal punto di vista estetico, gli adeguamenti di carattere genetico sono secolari e necessitano di più vite. Ogni organismo nasce, cresce e muore, il genoma transita da un corpo all’altro adattandosi all’ambiente e alle condizioni mutevoli dell’ambiente. Il passaggio tra le vite costituisce la sua immortalità, finché sopravvive la specie. Anche se le condizioni di vita nella società industrializzata consentono di consumare sempre e comunque i pasti canonici giornalieri (colazione, pranzo e cena), in un passato prossimo e remoto questo non è stato possibile. I nostri geni non sono mutati nell’ultimo secolo ed il nostro organismo si comporta esattamente come quello dei nostri antenati. In condizioni estreme, conserva il tessuto lipidico e si sforza di utilizzare le proteine muscolari a scopo energetico. Questo si traduce in un corpo emaciato, debole, scarico, con scarsa vitalità e flaccido. Come nelle diete bislacche (pochi carboidrati e tante proteine, etc.), le forme di vomiting favoriscono lo squilibrio nutrizionale con tutte le conseguenze connesse: fisiche e psicologiche (lo stato psicologico è direttamente influenzato da una cattiva alimentazione, che favorisce l’insorgenza dei cicli depressivi).

Dal punto di vista psicologico, l’immagine ricercata si allontana progressivamente dalla realtà, lasciando una profonda frustrazione ed evocando sentimenti di inadeguatezza e di rifiuto, molto simili a quelli che in origine, probabilmente, hanno concorso a creare la componente traumatica della patologia. In queste situazioni è importante riuscire a comprendere come una immagine altro non sia che una illusione che come un miraggio altera la realtà e allontana l’individuo dalla sua identità.
Senza un percorso che aiuti il paziente ad ottenere un radicamento con la terra e con la realtà, egli creerà altri miraggi con l’obiettivo di spostare l’attenzione dal reale problema, se stesso.

Attraverso questo angolo di visione, il vomiting nella forma bulimica presenta un parallelismo con le diete stravaganti e con l’uso sconsiderato di farmaci e/o integratori nel body building, purtroppo abitudine diffusa in particolari ambienti ad atmosfera culturale rarefatta. Se il risultato di un comportamento non è soddisfacente sarà possibile scaricare la “colpa” su qualcosa di estraneo da se. Ma nella realtà, questa tendenza alla deresponsabilizzazione a tutti i costi evidenzia una patologia che rinnega la aderenza con il reale, per rifugiarsi in una illusione. Il rapporto di continuità con tale comportamento caratterizza il tratto della nevrosi che imprigiona la naturale evoluzione del pensiero e del comportamento. Come la puntina di un giradischi “salta” dove il solco del disco è “ferito” e riproduce sempre le stesse note, così la vita del paziente non riesce ad andare avanti evolvendo la musica della sua vita e offrendo armonia alla sua esistenza. Occorre un percorso che consenta di imparare a spostare con delicatezza la puntina del giradischi, superare la ferita e permettere alla musica di poter continuare, superando il sussulto, con l’armonia che gli appartiene. Come il disco potrà riprodurre la sua melodia solo accettando la sua imperfezione, così la vita potrà arricchirsi di armonia e verità solo dopo aver trovato, compreso e accettato l’imperfezione di se e che, peraltro, è tipica degli esseri umani.

Di Cosimo Aruta

mercoledì 3 ottobre 2007

ANORESSIA e campagna shock: errore o necessità?

Oliviero Toscani con la pubblicità di “Nolita” ha scosso l’opinione pubblica e suscitato dibattiti. Ma attenzione alle banalizzazioni


Siamo ormai sul finire del 2007, un’epoca in cui i film di fantascienza degli anni 80-90 prevedevano macchine volanti, teletrasporto, odissee nello spazio o anche la fine del mondo; in realtà non è che sia cambiato molto da allora. Perlomeno, nel nostro sistema sociale e culturale, le cose si sono evolute, ma permangono in modo saldo molte caratteristiche ereditate dai decenni passati (come potrebbe essere altrimenti?!). Di certo nel 2007 abbiamo un utilizzo di nuove tecnologie sempre più avanzate.

Quello che forse più ci contraddistingue dal passato, oltre il prossimo esaurimento dei giacimenti petroliferi e le possibili crisi energetiche, lo scioglimento dei grandi ghiacciai e gli sconvolgimenti climatici, è la rete Web (Internet). Spesso ne abbiamo conferma e di questi tempi, addirittura, qualcuno ne ha fatto uno strumento di politica e propaganda, facendo entrare nel mondo conservatore la novità.

Ma nel 2007 come nel 1997 ritroviamo molto di apparentemente immutato: diverbi continui, insoddisfazioni, i grandi mecenati dell’economia sempre attivi a svolgere il loro lavoro (ecc), in cui anche il mondo della moda è oggi praticamente come all’ora. Ma soprattutto, ciò che ritroviamo oggi come dieci anni fa è il disagio psicologico delle persone!

In ogni epoca la psiche delle persone manifesta il proprio disagio sconvolgendo l’ordinarietà e la logica di chi vi sta attorno, talvolta in un modo e altre in uno diverso. L’epoca storica, così come la locazione geografica, stabilisce spesso le caratteristiche dei maggiori disagi psicologici di cui le persone soffrono, quasi come un costume culturale. Secoli fa in Europa definivamo “isterie” a non finire, oggi invece ci scontriamo con gravi disturbi del comportamento alimentare e gravi disturbi da dipendenza e di crisi della personalità; e anche se spesso li definiamo anche superficialmente con “luoghi comuni”, talvolta, come all’ora, rigiriamo la faccia altrove.

Ecco che in questo contesto, di società disattenta, è apparso recentemente il gesto cruento di un fotografo, già noto per i suoi modi provocatori, appendendo cartelloni pubblicitari per promuovere la campagna di “No-l-ita”, dove viene fotografata una giovane ragazza, francese, che versa in un gravissimo stato di salute, organica e psicologica, che potremmo definire oltre i limiti della magrezza biologicamente consentita: una giovane affetta palesemente e gravemente, appunto, da Anoressia nervosa. A fare ciò è Oliviero Toscani nel periodo di sfilate della moda nella città di Milano, il nostro fiore all’occhiello nel mondo come capitale dei capi firmati.

Ho potuto leggere che la campagna ha avuto il benestare del Ministero della Salute, ma ho letto anche molte indignazioni e, all’opposto, molti pareri positivi.
Stando alle dichiarazioni di Toscani, la campagna è stata promossa per indignare e provocare la società inetta e inadeguata nell’affrontare il problema: lamenta infatti una moda che recluta ragazze gravemente sottopeso, ed un mondo circostante che non si sofferma a sufficienza a considerare come operare realmente, per guarire e prevenire la situazione, di certo molto precaria.
Non credo che sia possibile, così in questo breve articolo, fare un punto chiaro della situazione e magari trarne un giudizio, poiché i componenti e i contesti da considerare sono davvero moltissimi e molto diversi l’uno dall’altro; per una persona esterna al mondo clinico, dei Disturbi del Comportamento Alimentare, non è semplice comprenderli tutti appieno.

Dal mio punto di vista è necessario attuare una precisa distinzione: ovvero tra chi questa campagna va a colpire. Una campagna shock come questa difficilmente passa inosservata, e raccoglie le differenti e spesso contrarie emozioni, esplicitate su un giornale o al bar, che rispecchiano il soggettivo vissuto interiore.

Indossando il “camice bianco” e riflettendo, quindi, sulle conseguenze di una simile campagna su ipotetiche persone che soffrono di questi gravi problemi, mi sento anche io di svalutarla e criticarla. Dobbiamo infatti pensare (e perdonate l’approccio diretto e non scientifico) come da un lato chi ne soffre, e chi ne è coinvolto per legami affettivi, rivede in questa fotografia sconvolgente una grande sofferenza personale, accentuando di per sé la “sua” condizione di disagio psicologico. --br--

Ho sentito alla radio, presso una trasmissione cui ho fatto comparsa, le divergenti opinioni di Fabiola De Clercq e della conduttrice Patrizia De Rossi: la prima sosteneva l’enorme azzardo e rischio di questa pubblicità, che mai (o forse sarebbe meglio sostenere: raramente) può suscitare nelle persone affette da questi problemi della sfera emotiva un incentivo ad uscirne o perlomeno ad entrare nei percorsi di cura – bensì, aggiungo io, potrebbe addirittura accentuare i sintomi dell’anoressica, che potrebbe trovarsi invitata a scioccare lei stessa maggiormente o a invidiarne il “traguardo”, nella bulimica, invece, potrebbe scatenare sentimenti di frustrazione per la sua impossibilità a raggiungere uno stato analogo.

Diversamente la conduttrice De Rossi, come altri, sosteneva che poteva essere visto anche come un buon disincentivo a proseguire nella condotta dimagrante. Certo è che per persone che già soffrono di DCA, la patologia non permette loro di avere la giusta lucidità mentale di comprendere il “limite” e di capirsi magra oltre ogni modo, anche in uno stato di 26/30 kg.
Desidero aprire e chiudere una parentesi: l’Anoressia, come la Bulimia, non sono vere e proprie patologie dell’alimentazione (anche se le classifichiamo tali, grazie ai, comunque, preziosi ed utili manuali diagnostici), sono bensì sintomi ultimi di una profonda sofferenza e di un disagio psicologico che può comprendere tutto e il contrario di tutto; si dovrebbe infatti parlare di Anoressie e Bulimie, come molti specialisti fanno già da molto tempo.

È perciò importante smettere di semplificarne la sofferenza e la situazione, ritenendo che esse vogliono solamente dimagrire per assomigliare alle modelle! Lo si può, ad esempio, ben notare dalla foto in questione, e da altre, dove ragazze dello stesso peso mirano ancora a dimagrire sentendosi brutte perché grasse!

Affrontando invece la cosa da un punto di vista sociale (e riappendendo il camice): la visione diverge profondamente. Le statistiche ci insegnano come sono inattendibili, ovvero che l’Anoressia Nervosa, riscontrata in Italia all’1% come al 3% la Bulimia Nervosa, sono in effetti sotto-stime.

Noi riusciamo a stimare e a stilare statistiche solamente sulle pazienti che divengono tali quando si rivolgono alle cure adeguate. Sappiamo bene come una grande fascia (superiore) non si rivolga alle cure, e sappiamo bene che, la Bulimia, diversamente dall’Anoressia, è più difficile da riconoscere esternamente.

Ciò per dire che effettivamente nel nostro attuale sistema, l’attenzione non mass-mediatica riservata a queste patologie è ancora molto scarsa: molti centri delle Ausl che curano le patologie DCA (gratuitamente e con pure ottimi risultati) riescono a funzionare più per il lavoro volontario di tirocinanti e collaboratori non pagati che per i fondi disponibili a questi interventi: il Disturbo del Comportamento Alimentare è una malattia sociale, ma che diversamente dalle tossicodipendenze causa pochi problemi sociali (come omicidi, rapine, ecc.) provocati per procurarsi la sostanza dalla quale si dipende: da ciò si può trarre un buon esempio delle motivazioni di molte scelte di carattere economico-sanitario.

In questa ottica socio-politica, dislocata dal clinico, investendo con una simile campagna la società intera, criticandola nel suo intervento ridotto e soprattutto nelle costanti errate convinzioni, non mi sento di biasimare l’azione pubblicitaria (supponendo naturalmente che non sia stato un gioco economico come taluni hanno sospettato): da mesi non si parlava quasi più di anoressia, anzi si ce ne disinteressava, oggi la riabbiamo su tutti i giornali ed i telegiornali! Forse non otterremo nulla, forse sì.

Infine desidero (riappropriandomi dello status di studioso) stilare un parallelo tra la campagna e il fenomeno web dei siti pro-anoressia, anch’esso scivolato dall’attenzione di una società che ancora non lo conosce.
Queste patologie, che vivono in una costante ambivalenza, si districano tra il nascondere la loro situazione disagiata, per poterla proseguire, e infiniti richiami di aiuto impliciti. Lo stesso fenomeno che anni fa sconvolse la popolazione italiana, e noi stessi professionisti, che scoprimmo (con la prima ricerca scientifica italiana, effettuata presso l’Azienda Sanitaria Locale di Reggio Emilia in collaborazione, e grazie al prof. Umberto Nizzoli) quanto poco se ne sapeva anche all’interno del mondo specialistico. Ad anni di distanza poco è cambiato.

Mancano forse i fondi necessari agli studi del fenomeno, ed anche i tempi che non possono essere brevi per una pronta soluzione (se voluta efficace), ma di fatto su di esso si è messo in atto ben poco, dopo la ricerca scientifica che ho personalmente condotto.
Ciò per dire che in un modo o in un altro, la sofferenza psicologica è talmente elevata, e talmente gravosa, che si sviluppano differenti, e in continua evoluzione, gridi sociali: quali il movimento di aggregazione delle adepte di Ana, o l’indiretto intervento di una pubblicità shock.

Per provocare e fare riflettere: se fossi stato io l’autore di quella campagna pubblicitaria, chiederei agli indignati il motivo profondo di tale reazione, facendo loro notare come foto di questo genere, girano nel web e sui giornali (nei momenti di interesse mediatico) in un numero incredibilmente alto, talmente sconcertante che quattro anni fa ebbi modo di scontrarmi con un sito web che proponeva fotografie, e video pornografici, le cui protagoniste erano ragazze allo stremo della salute fisica e mentale come nella foto di Oliviero Toscani!

Dr. Agostino Giovannini