Citazione

“Ciò che è realmente inquietante non è che il mondo si trasformi in un completo dominio della tecnica. Di gran lunga più inquietante è che l’uomo non sia affatto preparato a questo radicale mutamento del mondo. Di gran lunga più inquietante è che non siamo ancora capaci di raggiungere, attraverso un pensiero meditante, un confronto adeguato con ciò che sta realmente emergendo nella nostra epoca.” (Heidegger)

domenica 21 ottobre 2007

Vomiting e bulimia: la pratica dell’illusione

Anoressie e bulimie conducono realmente al dimagrimento? Se si analizza la pratica compensativa più comune della bulimia, si scopre, invero, che essa allontana sempre più dal tanto ambito risultato di un corpo perfetto…
Contrariamente alle convinzioni di chi è affetto dalle diverse sindromi di Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA), il vomiting, tipico delle sindromi bulimiche, può causare veloci e ingenti danni ad un fisico sia tonico che allenato, sia esso da body building o anche da corsa e attività varie aerobiche. Avrei, per l’appunto, piacere di fare notare come la pratica stessa si auto-motivi, distruggendo la sodità muscolare e incentivando invece la presenza dell'adipe, frustrando quindi la condizione psicologica di chi “crede” di attuare la pratica per raggiungere un fisico adatto alle proprie aspettative. (C.A.)

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Il vomiting è una forma compensativa tipica delle patologie del comportamento alimentare con tratti misti anoressico-bulimici. Consiste nel rituale segreto del vomito (auto-indotto) dopo avere consumato un pasto. Si tratta di un tipo di anoressia mascherata, e sostanzialmente manifesta un simile disagio con un opposto rapporto con il cibo.
Il vomiting è una pratica che tende ad evolversi, trasformandosi da episodio eccezionale in pratica abituale (quasi di dipendenza); il meccanismo, che dovrebbe essere naturale e funzionale in determinati casi di sofferenza organica, viene talmente compromesso da arrivare al punto da produrre il vomiting con facilità. Per questo motivo, all'inizio il vomito è indotto e solo in momenti successivi diventa spontaneo.
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Un elemento per distinguere una persona “vomitatrice” o potenziale, da una persona anoressica è il modo in cui parla del cibo. In generale la persona anoressica non ama parlare del cibo, è un argomento che tenta sempre di schivare perché le provoca disturbo psichico. Il cibo rappresenta per la persona anoressica qualcosa di negativo e non si soffermerà mai a parlarvi di quello che mangia, di come mangia, delle sue possibili preferenze culinarie, perché sono sempre sensazioni di disgusto. Nei casi più gravi la persona anoressica finisce ospedalizzata perché non riesce a consumare nemmeno il minimo indispensabile in termini di cibo, per garantire una condizione di vita appena sufficiente, sia dal punto di vista plastico, sia dal punto di vista energetico. La persona con sindrome da vomito, al contrario, vi parlerà del cibo come se parlasse di qualche cosa di molto piacevole, con gusto e non negherà di indicare quali sono i cibi che preferisce.

Dato il particolare tipo di rifiuto e di "segreto" tipico nelle pratiche anoressiche e di vomiting, è in genere più facile creare gruppi di auto-aiuto con soggetti bulimici che non con soggetti anoressici.
Questo gruppo può, in particolari condizioni, realizzarsi anche all’interno delle palestre di body building. L’idea di fisico muscoloso e particolarmente definito può affascinare chi ha elaborato una immagine di se iperattiva, forte, diversa e nel contempo ridotta ai minimi termini. I minimi termini sono rappresentati in questo caso dalla “drammatica” definizione presentata dai body builders agonisti in stagione di competizione. Quando la definizione supera la comune decenza, sia in termini estetici che in contenuti salutistici e quando una comunità di ossessionati seleziona giudici nelle gare di body building che premiano tale condizione, esaltandola con aggettivi tipici di quegli ambienti: “squartato, scannato, senza pelle, tavola anatomica, etc.”, analizzando l’assioma: definizione esasperata (rappresentata da una percentuale lipidica ridotta oltre il fisiologico) = mangiare meno, tipico in molte diete pre-gara nel body building, si osserva come la patologia del vomiting nella forma bulimica acquisisce un valore, una collocazione e una identità. Infatti, entrambi i comportamenti raggiungono l’effetto di ridurre la quantità di cibo assorbibile per l’organismo. Mangio e sono contento – vomito e non assorbo nulla – non ingrasso – il grasso corporeo non potrà ricoprirmi – continuerò a definirmi sempre di più – sarò felice perché straordinariamente magro --> Dal punto di vista biologico, il sistema dimostra una intelligenza superiore al suo possessore e si adatta ad una situazione pericolosa avviando processi metabolici mirati, come vedremo in seguito.

In ambienti dove l’illusione si sostituisce alla realtà, gli aspetti degenerativi del body building facilmente si sovrappongono ai contenuti veri e più evoluti, sotto tutti i punti di vista. Il vomiting impedisce all’organismo di ricevere dal metabolismo intestinale tutti gli elementi indispensabili per la salute psicofisica e per la crescita muscolare. La salute occupa il primo posto nella frase e non è una scelta casuale. Solo un organismo sano può migliorare il proprio tono muscolare, ridurre la percentuale lipidica ed ottenere un corpo sano, vitale, armonico e definito. La specie umana si è evoluta cavalcando i millenni e adattandosi a brevi periodi di abbondanza, seguiti da lunghi periodi di carestia. In questo percorso, nonostante le condizioni di vita fossero molto difficili ed il tasso di mortalità particolarmente elevato, non ci siamo estinti. I nostri geni hanno “imparato” a ridurre la cilindrata del motore muscolare quando il rifornimento si fa più difficile. Come se una vettura, che per fare durare più tempo la sua riserva di energia (carburante), potesse passare da 2000 a 500 centimetri cubi di motore, se il tasso di benzinai sul percorso autostradale dovesse diradarsi particolarmente. A differenza del mezzo meccanico, la vettura umana, denominata macchina biologica, che si ferma in seguito non riparte e sopraggiunge la morte. La condizione di “pericolo” è letta dal nostro codice genetico come un vero e proprio allarme che avvia processi metabolici non reversibili in brevi periodi di tempo. L’imperativo in tali condizioni è: conserva più a lungo il reale magazzino di energia (grasso) e riduci la massa metabolicamente attiva che fa consumare calorie anche a riposo (muscoli). La pratica del vomiting per l’organismo, dal punto di vista fisiologico, equivale quasi all’assenza di cibo (diversamente da quanto ritenuto, con la pratica i grassi vengono velocemente assorbiti) e avvia tutti i processi di adattamento tipici delle situazioni di pericolo. Sebbene in una vita sia possibile modificare con allenamento e dieta la composizione corporea e di conseguenza la forza e la prestanza fisica dal punto di vista estetico, gli adeguamenti di carattere genetico sono secolari e necessitano di più vite. Ogni organismo nasce, cresce e muore, il genoma transita da un corpo all’altro adattandosi all’ambiente e alle condizioni mutevoli dell’ambiente. Il passaggio tra le vite costituisce la sua immortalità, finché sopravvive la specie. Anche se le condizioni di vita nella società industrializzata consentono di consumare sempre e comunque i pasti canonici giornalieri (colazione, pranzo e cena), in un passato prossimo e remoto questo non è stato possibile. I nostri geni non sono mutati nell’ultimo secolo ed il nostro organismo si comporta esattamente come quello dei nostri antenati. In condizioni estreme, conserva il tessuto lipidico e si sforza di utilizzare le proteine muscolari a scopo energetico. Questo si traduce in un corpo emaciato, debole, scarico, con scarsa vitalità e flaccido. Come nelle diete bislacche (pochi carboidrati e tante proteine, etc.), le forme di vomiting favoriscono lo squilibrio nutrizionale con tutte le conseguenze connesse: fisiche e psicologiche (lo stato psicologico è direttamente influenzato da una cattiva alimentazione, che favorisce l’insorgenza dei cicli depressivi).

Dal punto di vista psicologico, l’immagine ricercata si allontana progressivamente dalla realtà, lasciando una profonda frustrazione ed evocando sentimenti di inadeguatezza e di rifiuto, molto simili a quelli che in origine, probabilmente, hanno concorso a creare la componente traumatica della patologia. In queste situazioni è importante riuscire a comprendere come una immagine altro non sia che una illusione che come un miraggio altera la realtà e allontana l’individuo dalla sua identità.
Senza un percorso che aiuti il paziente ad ottenere un radicamento con la terra e con la realtà, egli creerà altri miraggi con l’obiettivo di spostare l’attenzione dal reale problema, se stesso.

Attraverso questo angolo di visione, il vomiting nella forma bulimica presenta un parallelismo con le diete stravaganti e con l’uso sconsiderato di farmaci e/o integratori nel body building, purtroppo abitudine diffusa in particolari ambienti ad atmosfera culturale rarefatta. Se il risultato di un comportamento non è soddisfacente sarà possibile scaricare la “colpa” su qualcosa di estraneo da se. Ma nella realtà, questa tendenza alla deresponsabilizzazione a tutti i costi evidenzia una patologia che rinnega la aderenza con il reale, per rifugiarsi in una illusione. Il rapporto di continuità con tale comportamento caratterizza il tratto della nevrosi che imprigiona la naturale evoluzione del pensiero e del comportamento. Come la puntina di un giradischi “salta” dove il solco del disco è “ferito” e riproduce sempre le stesse note, così la vita del paziente non riesce ad andare avanti evolvendo la musica della sua vita e offrendo armonia alla sua esistenza. Occorre un percorso che consenta di imparare a spostare con delicatezza la puntina del giradischi, superare la ferita e permettere alla musica di poter continuare, superando il sussulto, con l’armonia che gli appartiene. Come il disco potrà riprodurre la sua melodia solo accettando la sua imperfezione, così la vita potrà arricchirsi di armonia e verità solo dopo aver trovato, compreso e accettato l’imperfezione di se e che, peraltro, è tipica degli esseri umani.

Di Cosimo Aruta

mercoledì 3 ottobre 2007

ANORESSIA e campagna shock: errore o necessità?

Oliviero Toscani con la pubblicità di “Nolita” ha scosso l’opinione pubblica e suscitato dibattiti. Ma attenzione alle banalizzazioni


Siamo ormai sul finire del 2007, un’epoca in cui i film di fantascienza degli anni 80-90 prevedevano macchine volanti, teletrasporto, odissee nello spazio o anche la fine del mondo; in realtà non è che sia cambiato molto da allora. Perlomeno, nel nostro sistema sociale e culturale, le cose si sono evolute, ma permangono in modo saldo molte caratteristiche ereditate dai decenni passati (come potrebbe essere altrimenti?!). Di certo nel 2007 abbiamo un utilizzo di nuove tecnologie sempre più avanzate.

Quello che forse più ci contraddistingue dal passato, oltre il prossimo esaurimento dei giacimenti petroliferi e le possibili crisi energetiche, lo scioglimento dei grandi ghiacciai e gli sconvolgimenti climatici, è la rete Web (Internet). Spesso ne abbiamo conferma e di questi tempi, addirittura, qualcuno ne ha fatto uno strumento di politica e propaganda, facendo entrare nel mondo conservatore la novità.

Ma nel 2007 come nel 1997 ritroviamo molto di apparentemente immutato: diverbi continui, insoddisfazioni, i grandi mecenati dell’economia sempre attivi a svolgere il loro lavoro (ecc), in cui anche il mondo della moda è oggi praticamente come all’ora. Ma soprattutto, ciò che ritroviamo oggi come dieci anni fa è il disagio psicologico delle persone!

In ogni epoca la psiche delle persone manifesta il proprio disagio sconvolgendo l’ordinarietà e la logica di chi vi sta attorno, talvolta in un modo e altre in uno diverso. L’epoca storica, così come la locazione geografica, stabilisce spesso le caratteristiche dei maggiori disagi psicologici di cui le persone soffrono, quasi come un costume culturale. Secoli fa in Europa definivamo “isterie” a non finire, oggi invece ci scontriamo con gravi disturbi del comportamento alimentare e gravi disturbi da dipendenza e di crisi della personalità; e anche se spesso li definiamo anche superficialmente con “luoghi comuni”, talvolta, come all’ora, rigiriamo la faccia altrove.

Ecco che in questo contesto, di società disattenta, è apparso recentemente il gesto cruento di un fotografo, già noto per i suoi modi provocatori, appendendo cartelloni pubblicitari per promuovere la campagna di “No-l-ita”, dove viene fotografata una giovane ragazza, francese, che versa in un gravissimo stato di salute, organica e psicologica, che potremmo definire oltre i limiti della magrezza biologicamente consentita: una giovane affetta palesemente e gravemente, appunto, da Anoressia nervosa. A fare ciò è Oliviero Toscani nel periodo di sfilate della moda nella città di Milano, il nostro fiore all’occhiello nel mondo come capitale dei capi firmati.

Ho potuto leggere che la campagna ha avuto il benestare del Ministero della Salute, ma ho letto anche molte indignazioni e, all’opposto, molti pareri positivi.
Stando alle dichiarazioni di Toscani, la campagna è stata promossa per indignare e provocare la società inetta e inadeguata nell’affrontare il problema: lamenta infatti una moda che recluta ragazze gravemente sottopeso, ed un mondo circostante che non si sofferma a sufficienza a considerare come operare realmente, per guarire e prevenire la situazione, di certo molto precaria.
Non credo che sia possibile, così in questo breve articolo, fare un punto chiaro della situazione e magari trarne un giudizio, poiché i componenti e i contesti da considerare sono davvero moltissimi e molto diversi l’uno dall’altro; per una persona esterna al mondo clinico, dei Disturbi del Comportamento Alimentare, non è semplice comprenderli tutti appieno.

Dal mio punto di vista è necessario attuare una precisa distinzione: ovvero tra chi questa campagna va a colpire. Una campagna shock come questa difficilmente passa inosservata, e raccoglie le differenti e spesso contrarie emozioni, esplicitate su un giornale o al bar, che rispecchiano il soggettivo vissuto interiore.

Indossando il “camice bianco” e riflettendo, quindi, sulle conseguenze di una simile campagna su ipotetiche persone che soffrono di questi gravi problemi, mi sento anche io di svalutarla e criticarla. Dobbiamo infatti pensare (e perdonate l’approccio diretto e non scientifico) come da un lato chi ne soffre, e chi ne è coinvolto per legami affettivi, rivede in questa fotografia sconvolgente una grande sofferenza personale, accentuando di per sé la “sua” condizione di disagio psicologico. --br--

Ho sentito alla radio, presso una trasmissione cui ho fatto comparsa, le divergenti opinioni di Fabiola De Clercq e della conduttrice Patrizia De Rossi: la prima sosteneva l’enorme azzardo e rischio di questa pubblicità, che mai (o forse sarebbe meglio sostenere: raramente) può suscitare nelle persone affette da questi problemi della sfera emotiva un incentivo ad uscirne o perlomeno ad entrare nei percorsi di cura – bensì, aggiungo io, potrebbe addirittura accentuare i sintomi dell’anoressica, che potrebbe trovarsi invitata a scioccare lei stessa maggiormente o a invidiarne il “traguardo”, nella bulimica, invece, potrebbe scatenare sentimenti di frustrazione per la sua impossibilità a raggiungere uno stato analogo.

Diversamente la conduttrice De Rossi, come altri, sosteneva che poteva essere visto anche come un buon disincentivo a proseguire nella condotta dimagrante. Certo è che per persone che già soffrono di DCA, la patologia non permette loro di avere la giusta lucidità mentale di comprendere il “limite” e di capirsi magra oltre ogni modo, anche in uno stato di 26/30 kg.
Desidero aprire e chiudere una parentesi: l’Anoressia, come la Bulimia, non sono vere e proprie patologie dell’alimentazione (anche se le classifichiamo tali, grazie ai, comunque, preziosi ed utili manuali diagnostici), sono bensì sintomi ultimi di una profonda sofferenza e di un disagio psicologico che può comprendere tutto e il contrario di tutto; si dovrebbe infatti parlare di Anoressie e Bulimie, come molti specialisti fanno già da molto tempo.

È perciò importante smettere di semplificarne la sofferenza e la situazione, ritenendo che esse vogliono solamente dimagrire per assomigliare alle modelle! Lo si può, ad esempio, ben notare dalla foto in questione, e da altre, dove ragazze dello stesso peso mirano ancora a dimagrire sentendosi brutte perché grasse!

Affrontando invece la cosa da un punto di vista sociale (e riappendendo il camice): la visione diverge profondamente. Le statistiche ci insegnano come sono inattendibili, ovvero che l’Anoressia Nervosa, riscontrata in Italia all’1% come al 3% la Bulimia Nervosa, sono in effetti sotto-stime.

Noi riusciamo a stimare e a stilare statistiche solamente sulle pazienti che divengono tali quando si rivolgono alle cure adeguate. Sappiamo bene come una grande fascia (superiore) non si rivolga alle cure, e sappiamo bene che, la Bulimia, diversamente dall’Anoressia, è più difficile da riconoscere esternamente.

Ciò per dire che effettivamente nel nostro attuale sistema, l’attenzione non mass-mediatica riservata a queste patologie è ancora molto scarsa: molti centri delle Ausl che curano le patologie DCA (gratuitamente e con pure ottimi risultati) riescono a funzionare più per il lavoro volontario di tirocinanti e collaboratori non pagati che per i fondi disponibili a questi interventi: il Disturbo del Comportamento Alimentare è una malattia sociale, ma che diversamente dalle tossicodipendenze causa pochi problemi sociali (come omicidi, rapine, ecc.) provocati per procurarsi la sostanza dalla quale si dipende: da ciò si può trarre un buon esempio delle motivazioni di molte scelte di carattere economico-sanitario.

In questa ottica socio-politica, dislocata dal clinico, investendo con una simile campagna la società intera, criticandola nel suo intervento ridotto e soprattutto nelle costanti errate convinzioni, non mi sento di biasimare l’azione pubblicitaria (supponendo naturalmente che non sia stato un gioco economico come taluni hanno sospettato): da mesi non si parlava quasi più di anoressia, anzi si ce ne disinteressava, oggi la riabbiamo su tutti i giornali ed i telegiornali! Forse non otterremo nulla, forse sì.

Infine desidero (riappropriandomi dello status di studioso) stilare un parallelo tra la campagna e il fenomeno web dei siti pro-anoressia, anch’esso scivolato dall’attenzione di una società che ancora non lo conosce.
Queste patologie, che vivono in una costante ambivalenza, si districano tra il nascondere la loro situazione disagiata, per poterla proseguire, e infiniti richiami di aiuto impliciti. Lo stesso fenomeno che anni fa sconvolse la popolazione italiana, e noi stessi professionisti, che scoprimmo (con la prima ricerca scientifica italiana, effettuata presso l’Azienda Sanitaria Locale di Reggio Emilia in collaborazione, e grazie al prof. Umberto Nizzoli) quanto poco se ne sapeva anche all’interno del mondo specialistico. Ad anni di distanza poco è cambiato.

Mancano forse i fondi necessari agli studi del fenomeno, ed anche i tempi che non possono essere brevi per una pronta soluzione (se voluta efficace), ma di fatto su di esso si è messo in atto ben poco, dopo la ricerca scientifica che ho personalmente condotto.
Ciò per dire che in un modo o in un altro, la sofferenza psicologica è talmente elevata, e talmente gravosa, che si sviluppano differenti, e in continua evoluzione, gridi sociali: quali il movimento di aggregazione delle adepte di Ana, o l’indiretto intervento di una pubblicità shock.

Per provocare e fare riflettere: se fossi stato io l’autore di quella campagna pubblicitaria, chiederei agli indignati il motivo profondo di tale reazione, facendo loro notare come foto di questo genere, girano nel web e sui giornali (nei momenti di interesse mediatico) in un numero incredibilmente alto, talmente sconcertante che quattro anni fa ebbi modo di scontrarmi con un sito web che proponeva fotografie, e video pornografici, le cui protagoniste erano ragazze allo stremo della salute fisica e mentale come nella foto di Oliviero Toscani!

Dr. Agostino Giovannini

mercoledì 30 maggio 2007

ANORESSIA / Su internet si moltiplica il fenomeno

Continua a crescere l’allarme sulla diffusione del Disturbo del Comportamento Alimentare e con esso il numero di siti web in cui gli adolescenti anoressici trovano sostegno e condivisione

Il fenomeno Pro Anoressia è oggi tornato a intrattenere l’interesse mass mediatico; le recenti tragedie legate alle sindromi anoressiche hanno richiamato l’occhio del mondo non specialista su un nodo dolente che affligge e deturpa la popolazione mondiale: il Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA) che viene quasi sempre riconosciuto nell’Anoressia Nervosa ed in particolare nel suo sintomo distintivo del rifiuto del cibo.

Proprio il rifiuto del cibo causa una magrezza tanto ambita ed irraggiungibile quanto elusiva della sua vera causa: infatti su tale sintomo tanto si dice e nulla si comprende. Le patologie alimentari si manifestano in un terreno dove la logica corrente si ribalta e dove l’apparenza inganna anche lo spettatore portandolo a leggere l’amore-odio verso il cibo come una semplice ambizione alla bellezza (dettata dai canoni della moda).
A disconferma di tale iniziale e fuorviante interpretazione occorre sottolineare il fatto che per le persone con DCA, maggiore è il peso che si perde, maggiore è il desiderio di proseguire con le restrizioni, “percependosi” in obesità anche nelle condizioni di un corpo ridotto allo scheletro. Andrebbe quindi introdotto un concetto chiamato economia del sintomo, che forse insegnerebbe (dopo un po’) sia il significato più profondo che il rispetto verso quello che diviene “una costosa trovata, una dolorosa invenzione che persegue lo scopo di sconvolgere e, insieme, quello di conservare un assetto, un equilibrio personale e famigliare; un antieconomico tentativo di autocura” (Cuzzolaro, 2004). Infatti, è importante sottolineare come il sintomo non coincida con la “malattia” ma possa invece essere il riflesso di un disagio profondo che rende il sistema persona (e chi ne sta intorno) in grado di sopravvivere in determinate circostanze.

Così accettando e mettendo in evidenza l’inevitabile incomprensione che si instaura tra simili disturbi del comportamento e la società circostante (e riconoscendone un tratto distintivo di una patologia che vuole dare motivo di essere perseguita) anche una situazione di normale crescita, come l’adesione a gruppi amicali (gruppi dei pari), sfocia in controverse situazioni di devianza.
Un nostro studio svolto per l’Ausl di Reggio Emilia (Ricerca sul Fenomeno Pro Ana, Giovannini, 2006) rivela come sia proprio il classico passa-parola uno dei mezzi più utilizzati nella ricerca di questi siti web, incentivandoci a ipotizzare che la ricerca di un gruppo, la socializzazione e il timore delle etichette abbiano permesso l’esordio di quello che oggi ci pare una pubblicità dell’anoressia con le istruzioni per l’uso (il Fenomeno Pro Anoressia è, in realtà, ben altro). --br--

Riteniamo corretto analizzare e riflettere facendo un parallelo tra le caratteristiche della normale fase evolutiva dell’Adolescenza ed il fenomeno della diffusione dei siti web Pro Anoressia: è infatti possibile individuare le fasi adolescenziali come quelle più a rischio sia per l’esordio di un DCA che per la ricerca di riconoscimenti e rapporti sociali, partendo dal presupposto che un impulso comune di adolescenti con o senza Disturbi del Comportamento Alimentare è proprio il bisogno di socializzazione.

Infatti, oltre ad essere il risultato di una probabile ricerca e creazione di gruppo dei pari, il fenomeno Pro Anoressia appare operare anche come un paradossale sistema di self-help (gruppo di auto-aiuto). “Nel gruppo, con il supporto di altri si può toccare più facilmente un pensiero doloroso: il gruppo, come un contenitore, accoglie e lavora offrendo con passione il suo contributo” (De Clercq, 1995). Ed è proprio quanto abbiamo potuto notare dalle nostre ricerche: come accade in un gruppo di aiuto dove l’obiettivo verte verso la guarigione, questi gruppi operano (al contrario) per il sostegno del sintomo.

DCA ED ESORDIO

Da un rapporto Eurispes e dal Ministero della Salute emerge come oltre due milioni di adolescenti (fra ragazzi e ragazze sempre di età compresa fra i 12 e i 25 anni) soffrirebbero di una qualche forma di disturbo del comportamento alimentare (soprattutto anoressia o bulimia). Sebbene siano in netto aumento i casi di bambine in fase pre-puberale, al di sotto degli undici anni, a soffrire di disturbi del comportamento alimentare così come di donne anche anziane (di età compresa fra i 60 – 70 anni), secondo tali dati è possibile affermare che l’età della popolazione di riferimento per quanto concerne i DCA sarebbe caratterizzata in prevalenza da soggetti adolescenti.

Un’altra importante caratteristica riguarda il sesso: infatti, sembra che il numero delle ragazze che soffrono di tali disturbi sia dieci volte superiore, rispetto a quello dei ragazzi (Davidson e Neale, 2000), nonostante negli ultimi anni, anche in Italia, il numero dei ragazzi che soffrono di tali disturbi abbia subito un notevole incremento.

Il fenomeno dello sviluppo e dell’utilizzo dei siti web Pro Anoressia rispecchia i dati statistici della popolazione di riferimento: si è infatti registrato che lo strutturarsi dei siti web Pro Ana è nato proprio da diari on-line di ragazze adolescenti.

LE CARATTERISTICHE DELL’ADOLESCENZA

L’adolescenza rappresenta il periodo di transizione dall’infanzia all’età adulta in cui entrano in gioco sia fattori biologici, sia fattori sociali e psicologici e in cui assume un ruolo cruciale il contesto in cui avviene questo processo. Inizia, infatti, con la pubertà, caratterizzata da grandi cambiamenti a livello biologico-fisico, ed è associata ad intense esperienze emozionali che impongono la ricerca di nuovi equilibri con il mondo, con la società e con il proprio sé. L’adolescente comincia ad essere trattato in modo diverso dal contesto in cui vive e contemporaneamente modifica il proprio atteggiamento verso se stesso e verso il mondo circostante, non accettando di essere totalmente dipendente dalla propria famiglia e dalle forme di sostegno sociale-affettivo che la famiglia gli ha fornito.

Il progressivo distacco dalla famiglia e l’acquisizione, anche parziale, di autonomia si accompagnano ad una maggior attenzione nei confronti del mondo dei coetanei, percepito come luogo di sperimentazione ed incontro con valori nuovi ed originali dove l’adolescente ha la possibilità di sperimentare nuovi ruoli e di verificare le scoperte che sta facendo circa la realtà.

Palmonari (1991) ha proposto una classificazione riferita a quelli che vengono considerati i fenomeni universali dell’adolescenza:
- compiti di sviluppo in rapporto con la problematica dell’identità (o della riorganizzazione del concetto di sé);
- compiti di sviluppo in rapporto con l’esperienza della pubertà ed il risveglio delle pulsioni sessuali;
- compiti di sviluppo in rapporto con l’allargamento degli interessi personali e sociali e con l’acquisizione del pensiero ipotetico - deduttivo.

La costruzione dell’identità assume un valore cruciale in quanto si può affermare che racchiude al suo interno gli altri compiti di sviluppo tipicamente adolescenziali.
Nell’adolescenza si attiva, infatti, una vera e propria riorganizzazione del sistema del sé, resa possibile anche grazie all’acquisizione di nuove e più complesse abilità sul piano cognitivo (Piaget, 1932). L’adolescente comincia così a compiere in modo sempre più approfondito la riflessione su se stesso ed inizia ad immaginarsi in una prospettiva non solo attuale, ma anche futura e/o ideale, pensandosi in termini più astratti e mettendo in primo piano il problema della coerenza, della continuità e del riconoscimento sociale di quella nuova immagine che egli sta costruendo di sé.

L’adolescenza, come momento di transizione dall’infanzia all’età adulta, può quindi essere vista anche come un percorso attraverso il quale i ragazzi acquisiscono una propria identità. Per gli adolescenti acquisire una propria identità significa “considerarsi come persone uniche e coerenti nonostante la molteplicità e la diversità di ruoli giocati nei propri contesti di vita, sentire che gli altri riconoscono la propria unicità e specificità e percepire di essere in grado di autodeterminazione nelle proprie scelte (responsabili dei propri destini)” (Mancini, 1999).

Il gruppo dei coetanei costituisce un punto di riferimento fondamentale nel superamento dei diversi compiti di sviluppo e nel processo di costruzione dell’identità adolescenziale. I dati di ricerca dimostrano come è possibile stimare attorno al 75% la percentuale di adolescenti che fra i 15 - 17 anni frequenta con regolarità un gruppo di coetanei formatosi in modo spontaneo (Maurizio, 1994). Il gruppo funziona come luogo d’apprendimento, di sperimentazione e di controllo delle azioni individuali e di confronto e valutazione delle diverse componenti che concorrono a costruire il concetto di sé dell’adolescente. Questo deve attribuire un valore nuovo a regole e ideali, non più connessi al bisogno infantile di approvazione ma ad una scelta autonoma fra buono e cattivo, giusto e ingiusto.

In questo processo è spesso disorientato e confuso, spaventato e attratto dalla trasgressione, ansioso di sperimentare se stesso aldilà del recinto di sicurezza infantile e il gruppo dei pari assume allora un’importanza fondamentale come riferimento normativo: atteggiamenti e comportamenti vengono uniformati a quelli dei coetanei, cui è rivolta la stessa obbedienza e fedeltà riservata agli adulti.

CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE DELL’ADOLESCENTE CON DISTURBO ALIMENTARE

Esistono dei fattori psicologici individuali che sembrano predisporre al disturbo alimentare. Fra questi fattori, Todisco segnala depressione, ansia, disturbi di personalità, disturbo dell’immagine corporea, deficit emotivi e cognitivi, storia di abuso, problemi di autonomia (difficoltà del processo di separazione-individuazione), deficit di autostima e difficoltà interpersonali, perfezionismo, paura di diventare adulti.

Sono rilevanti anche le caratteristiche di personalità: per quanto riguarda l’Anoressia Nervosa sono rilevanti i tratti ossessivi, aspettative esasperate, perfezionismo, eccessiva accondiscendenza, sentimento di inefficacia; nella Bulimia Nervosa hanno invece rilevanza clinica i tratti di impulsività, intolleranza alle frustrazioni e tono dell’umore alterno.

Le caratteristiche predisponenti sono anche quelle che caratterizzano i tratti di comorbilità: fra queste sono comuni l’ansia, la depressione, i disturbi nella sfera della sessualità, l’isolamento sociale e la bassa autostima.

LE CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE DELL’ADOLESCENTE IN RELAZIONE ALLE CARATTERISTICHE DELL’ADOLESCENTE CON DCA

Avendo analizzato le caratteristiche dell’adolescente privo di DCA e le caratteristiche di quello con DCA possiamo operare una utile sintesi delle caratteristiche in comune:
1. Riorganizzazione del proprio sé.
2. Confronto fra sé ideale - sé reale.
3. Tensione verso nuovi valori, credenze.
4. Valore e attenzioni dati al proprio corpo e all’esteriorità.

A differenza dei loro coetanei tuttavia gli adolescenti con DCA, in particolare con Anoressia Nervosa, secondo il DSM IV – TR (2002, Masson S.p.a.) hanno una tendenza ad avere:
- Isolamento sociale
- Euforia, depressione, ansia fino agli attacchi di panico
- Comportamenti ossessivi e/o compulsivi
- Disturbi nell’ambito della sessualità (assenza-diminuzione del desiderio sessuale, promiscuità)
- Deficit dell’identità
- Perfezionismo
- Bassa autostima
- Bisogno di conferme esterne.

Mentre un adolescente senza disturbi alimentari può frequentare il gruppo dei pari ed in esso ricercare identificazioni nuove, confronti e con essi costruire una nuova identità, l’adolescente con disturbi alimentari è un adolescente tendenzialmente isolato, perfezionista e con una bassa autostima. La bulimia e alle volte l’anoressia sono accomunate anche da una condizione di segretezza: una situazione permanente, in cui molti dei loro sforzi sono rivolti alla riservatezza, e alla protezione del sintomo (Giovannini, 2005). Molto spesso è il disturbo stesso a tenere l’adolescente lontano dalle attività che normalmente accomunano gli altri adolescenti (molte adolescenti con DCA temono l’incontro con i pari per evitare l’obbligo di mangiare).

PRO ANA: UN GRUPPO DEI PARI?

Come abbiamo visto, gli adolescenti che fra i 15 ed i 17 anni frequentano un gruppo dei pari sono pari o superiori al 75 %. Analogamente, i DCA insorgono principalmente intorno ai 12 anni, con un picco fra i 14 ed i 17 anni.
Le caratteristiche del fenomeno virtuale Pro Ana consentono di ipotizzare che in esso si realizzino le dinamiche del gruppo dei pari che mancano agli adolescenti con DCA. Come altri gruppi di pari, infatti, i gruppi Pro Ana rappresentano uno strumento di sostegno affettivo, emotivo in grado di incidere sulla costruzione della propria reputazione e visibilità sociale da parte dell’adolescente. Quando si fa riferimento al processo di costruzione dell’identità, si usa il termine gruppo in rapporto ad un nucleo specifico di coetanei con cui l’adolescente intrattiene “una relazione intensa e continuativa, fondata su una serie d’esperienze comuni, di interessi e di valori considerati importanti per il singolo e per il gruppo” (Pombeni, 1996).

Regole di accesso (iniziazione) e di uscita dal gruppo: esistono dei criteri di selezione per poter accedere ai gruppi Pro Ana e per poterci rimanere. Secondo alcuni studi (Aronson e Mills, 1959), al crescere delle severità dell’iniziazione cresce la preferenza per il gruppo stesso (quanto più un gruppo è selettivo tanto più è desiderabile appartenervi). Fra le regole interne esistono anche dei comportamenti specifici legati ad esempio a particolari accessori o capi vestiari. Un marchio dei gruppi Pro Ana è costituito da braccialetti distintivi. Segno di riconoscimento che le distingue dalle folle e rinforza così il loro deviante senso di appartenenza alla Filosofia di Ana.
Distintività interna positiva (Tajfel, 1973): basta appartenere ad un gruppo per discriminare sé stessi dagli altri in modo positivo.

Obiettivo comune: la magrezza assoluta. Seguire la Filosofia di Ana consente di essere guardate come persone che mirano ad un obbiettivo non conforme alla società circostante.
Cultura del gruppo: I gruppi Pro Ana sposano una filosofia, chiamata Filosofia di Ana. Tale filosofia si oppone rigidamente alla visione di Anoressia e Bulimia come patologie psichiatriche, o comunque dovute a una condizione di sofferenza e disagio, disarticolata dalla condizione sintomatologica, del rapporto col proprio corpo (e con il cibo). La Filosofia Pro Ana mira, infatti, a proclamare uno stile di vita alternativo, dove si promuove l’obiettivo antibiologico della liberazione, totale, dalla dipendenza da cibo: l’Anoressia Nervosa.

CONCLUSIONI

Ancora privi d’ulteriori dati scientifici, non possiamo concludere accreditando o disconfermando quanto detto. Certamente i dati a nostra disposizione, così come le ricerche effettuate durante lo studio del fenomeno Pro Anoressia, c’invitano non solo a non dimenticare ma a porci ogni giorno nuovi interrogativi. Il fenomeno Pro Anoressia si può (anche) leggere oggi come una diversa e sconosciuta elaborazione dei sintomi già noti e propri dei Disturbi del Comportamento Alimentare. L’invito ai servizi a non sottovalutare l’importanza di questo fenomeno è stato forse il principale propulsore delle nostre ricerche e rimane come un messaggio ripetitivo e sempre presente in noi. Per il futuro ci proponiamo di sviluppare una migliore conoscenza dei risvolti psicologici e sociali del fenomeno, poiché solo comprendendolo (e non incidendolo chirurgicamente) potremmo portare avanti la battaglia preventiva e terapeutica contro questa forma di disagio umano.

di Agostino Giovannini, Francesca Montali

(fonte: http://www.progettouomo.net)

mercoledì 24 gennaio 2007

Pro Ana: un Gruppo dei Pari?

Di Agostino Giovannini e Francesca Montali

Il fenomeno Pro Anoressia è oggi tornato a tenere banco tra i mass media; le ultime tragedie legate all’anoressia hanno recentemente richiamato anche l’occhio del mondo non specialista ad un nodo dolente che affligge migliaia di persone: i Disturbi del Comportamento Alimentare (anche detti DCA).

Per lo più riconosciute nel sintomo anoressico del rifiuto del cibo e nella patologica ambizione alla magrezza, queste patologie si manifestano in un terreno dove l’apparenza inganna: lo spettatore comune è infatti portato a leggere l’amore-odio verso il cibo come un semplice desiderio di bellezza, in realtà ogni sintomo è un emanazione e prodotto di un certo contesto sociale, è un utilizzo paradossale e provocatorio del linguaggio (in questo caso, alimentare e corporeo) creato dalla società stessa (Covri 2005). Ma proprio l’ingannevole interpretazione del senso comune mette in evidenza un perenne divario esistente tra simili disturbi e la società (stessa) che se ne rivela spesso l’inconsapevole autrice.

Così, in un simile contesto anche una situazione di crescita (adolescenziale), come l’adesione al gruppo dei pari, può sfociare in controverse situazioni di devianza riconoscibili come palliative dei reali e mancanti gruppi amicali.

Un nostro studio (svolto per il Pasm dell’Ausl di Reggio Emilia: Ricerca sul Fenomeno Pro Ana, Giovannini, 2006 – scarica Qui il fascicolo) rivela come il classico passa-parola (fenomeno tipico di gruppi amicali) sia uno dei mezzi adottati per la ricerca di siti web pro ana: sembrerebbe plausibile ipotizzare che sia proprio il bisogno di accettazione e di socializzazione a promuovere la ricerca di luoghi virtuali, attuando un tentativo di risposta a bisogni relazionali non appagati - al tempo stesso però, il Pro Ana è un evitamento delle relazioni, in quanto è un contatto ad intensità ridotta e soprattutto perchè la persona “anoressica”, classicamente, cerca sempre di controllare il contatto vero e proprio con l'altro, che invece è per definizione non controllabile.

In base alla letteratura sappiamo che è proprio la fascia adolescenziale di popolazione quella più a rischio sia per l’esordio di un DCA che per la ricerca di riconoscimenti e rapporti sociali (e adesione a filosofie devianti). Infatti il fenomeno Pro Anoressia appare operare anche come un paradossale sistema di self-help: “Nel gruppo (..) con il supporto di altri si può toccare più facilmente un pensiero doloroso: il gruppo, come un contenitore, accoglie e lavora offrendo con passione il suo contributo (..)” (De Clercq, 1995).

Statistiche e Pro Ana

Secondo un rapporto Eurispes oltre due milioni di adolescenti fra ragazzi e ragazze di età compresa fra i 12 e i 25 anni soffrirebbero di una qualche forma di disturbo del comportamento alimentare. Sebbene siano in aumento i casi di bambine in fase pre-puberale a soffrire di DCA così come di donne anche anziane (di età compresa fra i 60 – 70 anni), è possibile sostenere che la popolazione colpita da DCA è in prevalenza composta da soggetti adolescenti.

Sembra inoltre che il numero ragazze che soffrono di tali disturbi sia dieci volte superiore, rispetto a quello dei ragazzi (Davidson e Neale, 2000).

Il fenomeno dell’esordio e dell’utilizzo dei siti Web Pro Anoressia sembra rispecchiare i dati statistici di riferimento: si è infatti registrato che il fenomeno web Pro Ana è nato proprio da Blog (diari on-line) di ragazze adolescenti.

Adolescenza e Gruppo

L’adolescenza rappresenta il periodo di transizione dall’infanzia all’età adulta in cui entrano in gioco sia fattori biologici, sia fattori sociali e psicologici e in cui assume un ruolo cruciale il contesto in cui avviene questo processo. L’adolescente comincia ad essere trattato in modo diverso dal contesto in cui vive e contemporaneamente modifica il proprio atteggiamento verso se stesso e verso il mondo circostante, non accettando di essere totalmente dipendente dalla propria famiglia e dalle forme di sostegno sociale-affettivo che la famiglia gli ha fornito. Il progressivo distacco dalla famiglia e l’acquisizione, anche parziale, di autonomia si accompagnano ad una maggior attenzione nei confronti del mondo dei coetanei, percepito come luogo di sperimentazione ed incontro con valori nuovi ed originali dove l’adolescente ha la possibilità di sperimentare nuovi ruoli e di verificare le scoperte che sta facendo circa la realtà.

La costruzione dell’identità assume un valore cruciale in quanto si può affermare che racchiude al suo interno gli altri compiti di sviluppo tipicamente adolescenziali.

Nell’adolescenza si attiva infatti una vera e propria riorganizzazione del sistema del sé, resa possibile anche grazie all’acquisizione di nuove e più complesse abilità sul piano cognitivo (Piaget, 1932). Per gli adolescenti acquisire una propria identità significa “considerarsi come persone uniche e coerenti nonostante la molteplicità e la diversità di ruoli giocati nei propri contesti di vita, sentire che gli altri riconoscono la propria unicità e specificità e percepire di essere in grado di autodeterminazione nelle proprie scelte (responsabili dei propri destini)” (Mancini,1999, pp. 94).

Il gruppo dei coetanei costituisce un punto di riferimento fondamentale nel superamento dei diversi compiti di sviluppo e nel processo di costruzione dell’identità adolescenziale. I dati di ricerca dimostrano come è possibile stimare attorno al 75% la percentuale di adolescenti che fra i 15 ed i 17 anni frequenta con regolarità un gruppo di coetanei formatosi in modo spontaneo (Maurizio, 1994). Il gruppo funziona come luogo di apprendimento, di sperimentazione e di controllo delle azioni individuali e di confronto e valutazione delle diverse componenti che concorrono a costruire il concetto di sé dell’adolescente. --br--

Caratteristiche psicologiche dell’adolescente con Disturbo Alimentare

Esistono dei fattori psicologici individuali che sembrano predisporre al disturbo alimentare. Fra questi fattori Todisco segnala la depressione, ansia, disturbi di personalità, disturbo dell’immagine corporea, deficit emotivi e cognitivi, storia di abuso, problemi di autonomia (difficoltà del processo di separazione-individuazione), deficit di autostima e difficoltà interpersonali, perfezionismo, paura di diventare adulti. Nella Bulimia Nervosa hanno invece rilevanza clinica i tratti di impulsività, intolleranza alle frustrazioni e tono dell’umore alterno.

Un adolescente senza disturbi alimentari può frequentare il gruppo dei pari ed in esso ricercare identificazioni nuove, confronti e con essi costruire una nuova identità, l’adolescente con disturbi alimentari è un adolescente tendenzialmente isolato, perfezionista e con una bassa autostima. La bulimia e alle volte l’anoressia sono accomunate anche da una condizione di segretezza: una situazione permanente, in cui molti dei loro sforzi sono rivolti alla riservatezza, e alla protezione del sintomo (Giovannini, 2005).


Gruppo dei Pari?

Come abbiamo visto gli adolescenti che fra i 15 ed i 17 anni frequentano un gruppo dei pari sono pari o superiori al 75%. Le caratteristiche del fenomeno virtuale Pro Ana consentono di ipotizzare che in esso si realizzino le dinamiche del gruppo dei pari che mancano agli adolescenti con DCA. Come altri gruppi di pari, infatti, i gruppi Pro Ana rappresentano uno strumento di sostegno affettivo, emotivo in grado di incidere sulla costruzione della propria reputazione e visibilità sociale da parte dell’adolescente. Quando si fa riferimento al processo di costruzione dell’identità, si usa il termine gruppo in rapporto ad un nucleo specifico di coetanei con cui l’adolescente intrattiene una relazione intensa e continuativa, fondata su una serie di esperienza comuni, di interessi e di valori considerati importanti per il singolo e per il gruppo (Pombeni, 1996).

Secondo alcuni studi (Aronson e Mills, 1959), al crescere delle severità dell’iniziazione cresce la preferenza per il gruppo stesso: quanto più un gruppo è selettivo tanto più è desiderabile appartenervi. Esistono infatti criteri di selezione per poter accedere ai gruppi Pro Ana che concorrono all’affermare il fenomeno come una sorta di elite semi-nascosta. Ad accentuare il senso di appartenenza troviamo persino un marchio distintivo Pro Ana costituito da due braccialetti distintivi: uno rosso per le anoressiche e uno blu per le bulimiche. Un segno di riconoscimento che le distingue dalle folle e rinforza così il loro senso di appartenenza alla Filosofia di Ana.

I gruppi Pro Ana sposano una filosofia, chiamata Filosofia di Ana. Tale filosofia si oppone rigidamente alla visione di Anoressia e Bulimia come patologie psichiatriche, o comunque dovute a una condizione di sofferenza e disagio, disarticolata dalla condizione sintomatologica, del rapporto col proprio corpo (e con il cibo). La Filosofia Pro Ana mira, infatti, a proclamare uno stile di vita alternativo, dove si promuove l’obiettivo antibiologico della liberazione, totale, dalla dipendenza da cibo: l’Anoressia Nervosa.

Conclusioni

Proprio la tirannia sintomatologica (così come la tipica non - percezione della patologia di coloro che ne sono affetti) ha forse permesso che un naturale bisogno relazionale sfociasse in quello che oggi appare essere, ad uno spettatore non esperto, una propaganda all’anoressia con tanto di “istruzioni per l’uso”.

Attraverso nuovi studi, ancora in fase di progettazione, si intende smentire questa ipotesi interpretativa e dimostrare come il Fenomeno Pro Ana sia, in realtà, ben altro. Attraverso questo nuovo progetto si intende adempiere al proposito di approfondimento di tale tematica (ancora così poco conosciuta in Italia) dei siti Pro Ana (Giovannini, 2006), iniziando a considerare non solo variabili di ordine psicopatologico ma anche di ordine evolutivo e sociale.

(tratto da Risky-Re: Network Informativo sui Comportamenti a Rischio)